lunedì 19 febbraio 2018

Premio Letterario, una Chimera.





Diario del Capitano: data astrale 2222.2




Dicono che i blog non se li fila più nessuno, ormai sono più un diario online dei loro rispettivi autori piuttosto che fonti di informazione indipendente. I social network, invece, sono il futuro che avanza e facebook è il più attivo, anche perché la gente sta tutta lì.

Odio facebook! E la cosa è contraddittoria: come può un amante del futuro odiare il futuro?

Beh, se il blog è un diario online questo è il mio diario. Ci metto tutte le riflessioni che voglio, senza preoccuparmi di chi le leggerà. Per questo scrivo la mia breve esperienza sperando di salvare quelli alle prime armi, maldestri e ingenui come lo sono stato io.

Nel 2014 o nel 2015, non ricordo bene, mi misi in testa di vincere un Premio per racconti di fantascienza, o almeno rientrare fra i finalisti o i segnalati. Così iniziai a scrivere come un forsennato, trascorsi ore sul web a cercare concorsi e siccome quello più importante era il Premio Urania Stella Doppia decisi di parteciparvi con dodici racconti. Un bombardamento a tappeto era quello che ci voleva, pensai.

Mi precipitai nelle edicole, a caccia di volumi Urania; perché bisogna allegare, a ciascun racconto inviato, un certificato di partecipazione. E il certificato è quel triangolino che sta in fondo al libro e dimostra che l’hai acquistato.

Comprai tutto quello che mi capitava a tiro: i Capolavori, Millemondi, Jumbo e Urania Collezione. Ricordo ancora la faccia di un giornalaio che, con gli occhi sgranati, mi chiese se davvero volevo comprare un Urania. Al mio sì si affrettò a prendere nota dell’acquisto per comunicarlo non compresi bene a chi.

Alla fine stampai i racconti in duplice copia, appiccicai i triangolini che convalidavano i miei acquisti, preparai il plico e attesi.

Trascorse il periodo in cui di solito usciva il Premio e, preoccupato per il ritardo, telefonai alla redazione. Una voce femminile mi rispose telegrafica che il Premio Urania Stella Doppia non si faceva più. Restai profondamente deluso, ringraziai con voce fioca e leggermente fantozziana e riattaccai.

Anche per gli altri dodici racconti che partecipavano a concorsi minori le cose non andarono affatto bene:

Litigai con gli amici di Yavin 4 ed ero in torto, non avevo letto il regolamento di Space Prophecies che prevedeva la cessione dei diritti di pubblicazione per tre anni. Quindi tre racconti me li giocai per colpa del mio caratteraccio! Litigai pure con Alessandro Girola, perché sosteneva che il mio racconto distopico che partecipava al suo concorso sulla fantascienza distopica non era distopico.

Forse la selezione più seria era quella di Esescifi, ma spedii loro il racconto peggiore tra quelli che mi restavano e fui scartato meritatamente. Nell’edizione successiva, per ripicca, inviai un racconto provocatorio con la frase “il mattino ha l’oro in bocca” ripetuta cento volte (come scriveva Jack Nicholson in Shining). Non vado fiero di quella bravata.

Dunque, ero convinto di fare il pescatore che tira su la rete e conta i pesci, ma nella mia non s’impigliò nessun pesce. Tentai allora la strada diretta proponendo alla piccola casa editrice con la quale collaboravo i ventiquattro racconti in blocco. Successe qualcosa che ancora oggi non mi spiego e per quel qualcosa ho chiuso per sempre un’amicizia.

Autopubblicai l’antologia nello stesso anno in cui mi ero tanto affannato tra concorsi e case editrici. E la mia piccola soddisfazione sono stati tutti quelli che l’hanno letta affermando di essersi divertiti. Spero siano stati sinceri...

E oggi? Ho ancora un diario sul quale scrivere, cosa si può desiderare di più?


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